M. MUSSORGSKY: Quadri di un’esposizione
R. SCHUMANN: Scene infantili op.15;
Sonata n. 2 op.22
Davide Franceschetti, pianoforte
Auditorium della Cassa di Risparmio di Forlì
Può costituire una curiosità andare
a scoprire la routine musicale in un capoluogo di provincia
come Forlì. Ci si può tuttavia domandare da subito
se la musica e i linguaggi estetici in genere possono coniugarsi
con l’abitudine, con i riti convenzionali e ripetitivi di una
piccola città o se per sua natura l’arte non sia portata
a rompere schemi e luoghi comuni richiedendo sempre e dovunque,
per la sua forza espressiva, di essere ascoltata. Questa domanda
poteva essere posta all’ingresso dell’Auditorium della Cassa di
Risparmio di Forlì dove il pianista Davide Franceschetti
ha tenuto un concerto. Il programma presentava composizioni note
come Quadri di un’esposizione di Mussorgsky, Scene
infantili op.15 e Sonata n.2 op.22 di Schumann.
L’impatto con un Auditorium dallo stile moderno
e sobrio, dove due schermi ricordavano il programma della serata,
sembrava adeguato ad accogliere le note del pianoforte di una
giovane speranza cittadina che fin dalle prime battute si è
rivelata di grande talento, non solo tecnico, ma soprattutto interpretativo
e capace quindi di andare oltre gli schemi, e di portare novità.
Il primo elemento che lega infatti Franceschetti
all’estetica moderna è la sua volontà di non essere
descrittivo: egli cerca sempre di trovare nel suono e nella forma
i punti di forza delle sue interpretazioni. Una lettura dunque
che ha sfiorato in certi punti le sonorità della musica
del Novecento come in "Gnomo" di Quadri di un’esposizione".
Questo giovane esecutore è ben consapevole che
la ricerca sul suono e l’uso delle dinamiche sono funzionali
alla possibilità di restituire al pubblico la coerenza
formale della composizione come si è potuto ascoltare nel
tema iniziale e che lungo tutto il brano non è mai ritornato
uguale; in tal modo l’esecutore ha potuto dare maggiore intensità
espressiva ed unità nel cambiamento Più problematico
è risultato il rapporto con lo stile del compositore. Sicuramente
Franceschetti ha saputo cogliere la maestosità, quasi la
violenza di Mussorgsky, ma non abbiamo sentito l’animo russo e
le melodie cantilenanti avevano un effetto quasi marziale come
ad esempio ne "Il vecchio castello".
Anche l’interpretazione di Schumann aveva l’intenzione
di rompere con la tradizione: il suono estremamente vivo e asciutto
forniva una immagine dell’infanzia ne Le scene infantili
non più disincantata, ma più giocosa. L’espressione
non veniva da sonorità riverberanti e da tempi dilatati,
ma dalla coerenza interna sia dell’opera, sia dei suoi brani e
che era posta in evidenza da continui cambiamenti di colore e
di dinamica. Una interpretazione così moderna e così
serrata nella sua logica non deve far pensare ad una semplice
e fredda esecuzione: soprattutto nel primo tempo della Sonata
n.2 la tecnica di Franceschetti era posta al servizio di una
grande intensità emotiva. Così le sue sonorità
accese gli hanno consentito di creare una notevole tensione che
univa i singoli brani, come poi si è notato anche nei due
bis: Suggestione diabolica di Prokofiev e un Intermezzo
dell’op.118 di Brahms.
Durante la serata si è percepita una grande
discrepanza fra l’interpretazione viva, moderna e antiretorica
di Franceschetti e lo spirito ritualistico della sala. La regia
dei due schermi che durante il concerto proiettavano le immagini
dell’esecutore, delle sue mani, del suo volto, usando spesso la
tecnica della dissolvenza incrociata miravano a riproporre il
pianista ispirato e virtuoso. Le sole tecnologie non sono sufficienti
ad andare oltre gli stereotipi ormai superati, perché non
sono solo le mani o l’ispirazione che permettono ad un esecutore
di divenire interprete; Franceschetti l’altra sera ci voleva insegnare
anche questo, ma forse un pubblico frettoloso e non abituato ad
"ascoltare" non l’ha percepito.
Si è quindi avuta l’occasione di sentire
il dolore di quella parte, purtroppo minoritaria, di giovani attenti
alla cultura e all’arte, che non trova nella società uno
specchio nel quale riflettersi, essi sono gettati solamente in
spazi vuoti dove il loro grido di angoscia non trova eco e si
disperde nel nulla. |