Strutturalismo nascosto e suono nascente
Strutturalismo nascosto e impegno ideologico
Uno degli aspetti sostanziali della poetica di Nono è quello di nascondere la tecnica di base su cui costruisce il suo linguaggio musicale, una base storicamente definita e strutturalmente caratterizzata, che rimarrà una costante, variamente articolata e, progressivamente, prima celata per accumulo poi per sottrazione, un ispessimento ottenuto con densità sonoreo una detrazione di sonorità, comunque, nell'un caso e nell'altro, mai la base strutturale viene negata, ma sottratta all'evidenza per esigenze di testimonianza sociale nella prima fase o a quelle legate alla percezione di un ascolto minimale nella seconda, ed è proprio durante gli anni Ottanta che le tecniche strutturalistiche vengono maggiormente sottintese per dar spazio alle sottili dinamiche del suono nascente.
La storia che sta dietro e dentro al linguaggio di Nono è quella della
musica eurocentrica, nelle sue tecniche contrappuntistiche dai compositori
Franco-Fiamminghi a Schoenberg, sorretta e guidata da un pensiero legato
a filo doppio con la concezione dell'art engagé che è croce e delizia
della musica di Nono, permettendogli di staccarsi dall'astrattismo della
serialità di Darmstadt, ma imprigionandolo in una ideologia manichea,
come nota lo stesso Maderna: "il fanatismo di Nono e dei suoi esegeti
sembra riportare ai tempi della lotta fra Riforma e Controriforma. Sono
"caricati", Gigi è invece, nella sua più intima sostanza, un romantico
e sono convinto che se avesse continuato sulla strada di Canto sospeso,
avrebbe potuto ugualmente affermare i principi in cui crede, ma da musicista"
(1). L'impostazione ideologica impedisce a Nono di accogliere, anche se
pur criticamente, esperienze diverse che per lui rimarranno altre, come
quelle di Stravinskij e Cage, di polemizzare con Stockhausen (bollato
come "imperialista"), e gli fa ritardare l'approdo a ciò che costituisce
la grande eredità che Nono ci lascia, lo svelamento del suono nascente.
Nono ha i suoi riferimenti culturali e linguistici all'interno della
Romantik austro-tedesca, sulla linea stringente Beethoven-Wagner-Wolf-Mahler-Schoenberg,
ai quali si vanno ad aggiungere i riferimenti a Musorgskij e alla cultura
russa e quelli alla polifonia rinascimentale dei Gabrieli, recuperata
attraverso la storia veneziana, via Maderna e Malipiero: la tecnica contrappuntistica
del Cinquecento, e specificatamente quella dei canoni enigmatici, viene
rapportata alla tecnica della variazione in Webern nel quale Nono vedeva,
sulla scia di Maderna, un erede espressivo di Schubert. Non mancano riferimenti
a Malipiero, padre di una nuova drammaturgia musicale, e a colui ch'è
stato l'alfiere della dodecafonia italiana, Luigi Dallapiccola (al quale
Nono dedica il brano del 1979 Con Luigi Dallapiccola): "ho studiato la
musica di Dallapiccola prima di quella di Schoenberg e di Webern \…\ attraverso
le sue parole scoprivo una testimonianza vivente di quella civiltà della
Mittleuropa per la quale nutrivo una passione inesauribile" (2).
A dimostrazione che Nono è consapevole di essere un anello di questa
storia musicale del centro Europa sono le parole che pronuncia nella conferenza
a Darmstadt nel 1957, in cui sottolinea "l'assoluta continuità logica
e storica" tra la dodecafonia e lo Strutturalismo. In modo particolare,
Nono preferisce riallacciarsi alle ultime opere di Schoenberg, tant'è
che esordisce ai Ferienkurse, nel 1950, con la sua opera n. 1, le Variazioni
canoniche sulla serie dell'op. 41 di Arnold Schoenberg. Non è un caso
che Nono si ribelli all'articolo di Boulez Schoenberg è morto. Fondamentale,
infine, la conoscenza di Hermann Scherchen, conosciuto grazie a Malipiero
e che suggerisce al giovane Nono di staccarsi da una visione dell'idea
musicale troppo astratta e di procedere nella direzione di una riduzione
delle note su cui basare la speculazione compositiva, cercando anche di
riscoprire una nuova vena lirica. Suggerimenti a cui Nono da' seguito.
Questa è la cornice entro la quale Nono si muove fino agli anni Settanta.
Con l'azione scenica in due tempi Al gran sole carico d'amore (1974)
il lavoro di Nono si volge a ricerche più interiorizzate, e dopo quest'opera
il numero degli strumenti e le quantità dei materiali vengono assai ridotte,
come nel brano per pianoforte e nastro magnetico Sofferte onde serene
del 1977 e come nel quartetto per archi Fragmente-Stille (1980) dove le
modalità esecutive degli strumenti sono indagate sottilmente. La seconda
metà degli anni Settanta, è per Nono un periodo di crisi esistenziale:
"silenzio - ripensamento - critica - insoddisfazione \…\ forte coscienza
di aver concluso un periodo con Al gran sole? Necessità di aprirne uno
nuovo" (3).
L'approccio alla musica elettronica è lento, iniziato negli anni Cinquanta,
con le visite agli Studi del Groupe de Recherche Musicale di Pierre Schaeffer
presso la RTF di Parigi e con quelle allo Studio di Fonologia della RAI
di Milano; solo nel 1960 compone Omaggio a Emilio Vedova, uno dei rari
lavori per solo nastro di quel periodo, mentre le successive opere prodotte
allo Studio fondato da Maderna e da Berio si incentrano sulla sovrapposizioni
di nastri formati da suoni concreti con strumenti e voci tradizionali.
Il suono concreto fornisce un inevitabile riferimento naturalistico\referenziale
(come in La fabbrica illuminata) funzionale alla poetica engagé. Un cambiamento,
pur in una continuità di fondo, avviene sulla metà degli anni Settanta,
quando da …sofferte onde serene in avanti "il mezzo elettronico riveste
la doppia funzione di microscopio all'interno del suono strumentale (non
vengono e non verranno più usati materiali concreti realistici) e di moltiplicatore
delle densità polifoniche delle parti strumentali. Con possibilità di
realizzare volute trasformazioni dal vivo, in funzione del gesto interpretativo,
dell'ambiente, delle condizioni generali di esecuzione, Nono conquista
alla sua musica la gestione dei suoni nello spazio" (4).
La continuità di pensiero e di tecnica fra la produzione del primo Nono
e del secondo è evidente e sottolineata dallo stesso Maestro: "in fondo
quello che faccio oggi a Friburgo, con l'Halaphon è qualcosa di analogo
allo studio dei canoni enigmatici che facevo con Maderna \…\ mi appassionava
l'uso dello spazio totale" (5). Fin dall'inizio, Nono lavora su cellule
sonore fatte da pochi intervalli, su l'interscambio fra voce e strumento,
su messaggi sublimati, sulla psicologia dell'ascolto, sulle parabole dinamiche,
sulla poetica del policentrismo ecc., tutte cose che rimangono pure a
Friburgo, anche se con valenze diverse, specialmente in prospettiva e(ste)tica.
Suono nascente
L'ultimo Nono capisce che la musica deve avere la spinta dello sguardo
verso il futuro dei possibili, un futuro quindi non più pensato in termini
marxisti dell'utopia del progresso della storia, ma come attesa esistenziale.
Cacciari parla addirittura di profezia. Si tratta di un ritorno al suono
prima che questo diventi nota, un recupero dell'oralità, con tutto ciò
che di problematico questo comporta sia a livello di pensiero sia a quello
di prassi, con il tema aperto della notazione. La rapidità di stesura
e la funzionalità del lavoro in Studio creano delle partiture segniche
del tutto anomale e personali che pongono il lavoro di Nono su terreni
incantati. Come può Nono, ora privo dei supporti ideologici, sapere tutte
le infinite ragioni, i perché del suo essere artista? L'unica soluzione
è quella di lasciarsi andare verso la sua natura e verso quella dei suoni,
in solitudine, cercando, come in un deserto, fra le fessure delle rocce
ciò che serve alla sua sopravvivenza e a quella della sua arte.
Il "parlare" di Nono è un parlare della ricchezza del silenzio o del
limite, non solo un dire dell'interiorità, ma un lasciar essere il discorso
ch'è - da sempre - già iniziato, un discorso che attrae il soggetto nel
versante invisibile del linguaggio. La pausa accoglie ciò che sta per
essere detto, ma non dal soggetto, ma dal mondo dei suoni che stanno su
una soglia al limite del dicibile, è il linguaggio che nessuno parla perché
sta fuori da ogni convenzione: è suono dell'intimo e del già detto, dell'io
e dell'altro, del sempre differente e dell'uguale, della libertà e della
costrizione, del vuoto e del troppo, dell'attesa e dell'oblio.
Il silenzio che avvolge il suono nascente assomiglia a un'esperienza
del limite, è come se il linguaggio apparisse nel momento stesso in cui
scompare: nel silenzio il linguaggio si perde e si ritrova, ma si ritrova
diverso, perché ha in sé l'esperienza del perdersi.
Questo il credo di Nono: scrivere ciò che scrivendo si profila, con
partecipazione.
L'attenzione dell'ultima produzione si concentra sull'impercettibile
alternanza fra suono e soffio, sul suono nascente, afferrato appena esce
dal silenzio, uno studio sulle sonorità minimali evidenziato da tecniche
di rallentamento su nastro, musica che però non viene registrata definitivamente,
ma sottoposta a nuove verifiche strumentali dal vivo (esempio sommo è
la seconda versione del Prometeo). Dichiara Nono: "a volte il momento
puramente politico risultava in primo piano (vedi la Victoire de Guernica
col testo di Eluard e il tema della guerra civile), altre volte sono invece
la tecnologia, la sperimentazione, il rischio che mi incuriosiscono di
più /.../ lo Studio di Friburgo, le nuove tecnologie del "live electronic",
la programmazione dei vari computer, la continua scoperta-studio dello
spazio, le analisi col sonoscop, mi assorbivano completamente /.../ assistito
dalla grande sapienza del professor Haller, di Rudi Strauss e di Bernd
Noll ho iniziato nello Studio di Friburgo un'esperienza sconvolgente che
mi ha portato anche ad un ampliamento delle capacità della percezione"
(6).
Rinascimento strumentale
È da sottolineare l'importanza che, soprattutto nei decenni del
secondo dopoguerra, hanno avuto gli interpreti che sono riusciti a interloquire
con i compositori. Il primo è stato il "flauto d'oro" Severino Gazzelloni,
per il quale Nono ha composto Y su sangre ya viene cantando. Negli anni
Ottanta, parallelo al fenomeno dei cosiddetti "giovani compositori", si
assiste a un fenomeno analogo per gli interpreti che genera un vero e
proprio rinascimento strumentale, conseguente, ma più organico e funzionale,
a quello sperimentale degli anni Cinquanta\Sessanta. Si tratta di un virtuosismo
positivo che amplia sia le possibilità dell'interprete, sia il vocabolario
del compositore. È nel periodo che parte dal 1980 che Nono collega
la sua ricerca alla collaborazione di un gruppo di interpreti, componendo
con e sull'esecutore. Studia la possibilità di azzerare il suono ai limiti
del silenzio, arrivando a calcolare, con l'analizzatore computerizzato
sonoscop, ben 10 livelli di pianissimo. E' bene comunque non esaltare
troppo la funzione degli interpreti perché, al di là degli aspetti tecnici,
è sempre il pensiero di Nono a far lievitare il suono.
Arte e tecnica è un tema centrale nel Novecento, per Heidegger fu un
vero assillo, vedendone sia le possibilità sia i pericoli, ma, come dice
Holderling "lì dove c'è il pericolo, cresce anche ciò che salva". La tecnica
liquida la trascendenza, ma ciò non ci rende meno dipendenti da dio, come
fa notare Cacciari, proprio perché l'uomo non è più trascendenza inizia
a crearsi delle trascendenze, ciò ch'è importante è di non cadere nell'idolatria,
ma cercare di mantenere l'esserci, ovvero tradurre il bisogno di trascendenza
(che la tecnica provoca) in una disponibilità all'ascolto, in una costante
apertura.
Mentre Nono pratica la musica agisce in lui qualcosa di sconosciuto,
qualcosa che rende l'attività anche passività, e più il musicista si concentra
sull'oggetto e più questo diventa vasto e misterioso. In fondo l'artista
compie un viaggio in terre sconosciute, un'avventura. Fra il fare e l'opera
si crea una sorta di vertigine, l'agire si compone di rivelazioni fulminee,
di cadute, diseguaglianze, differenze, di amore e morte, è un errare.
L'errare del suono viene ottenuto non solo spazializzandolo, ma anche
muovendolo internamente, per esempio in Das atmende Klarsein muovendo
l'imboccatura del flauto, oppure ruotando l'arco, passando dal poco crine
al tutto crine in maniera aperiodica, esaltando così armonici differenti
e ottenendo un timbro etereo e mutevolissimo, come riesce a fare stupendamente
il contrabbasso di Stefano Scodanibbio in Guai ai gelidi mostri e in Prometeo.
In tale contesto lo sperimentare soluzioni nuove non intacca la purezza
del linguaggio perché l'essere sonoro è tale e quale è: il suono semplicemente
si mostra, si espone com'è. L'esser così è assimilabile al dir di sì nicciano,
alla metafora del gioco di Eraclito. Nono riesce a cogliere del suono
il suo mostrarsi, la sua maniera sorgiva: esser matita è sua segreta ambizione.
Nono usa un'elettronica dolce che non stravolge e urla, ma che esalta
particolari componenti del suono, suoni ombra, dinamiche, effetti di avvicinamento
e allontanamento, ritardi, sovrapposizioni, il tutto avvolto nel silenzio.
"L'esecutore emette un suono, attraverso un microfono il suono naturale
viene introdotto nelle macchine" - spiega Nono - "in pochissimi attimi
si è in grado di risentire il suono appena modificato; a questo punto
lo strumentista interviene nuovamente per sovrapporre altri suoni" (7).
È un suono errante, come l'uomo. L'essere in cammino percorre
una via che ci reclama, che ci fa giungere a ciò che siamo già, un ciò
che siamo non definitivo, ma in continuo movimento, dove veramente essere
e divenire sono tutt'uno. Nel pozzo dell'interiorità non troviamo un'essenza
pura, ma un villaggio abitato, dove convivono molti altri "io", una sorta
di compagni nascosti. Solo nell'attimo irripetibile essi vengono fuori,
nella inevitabilità di quest'attimo, dove si pensa necessità e creatura,
la crosta dell'io singolare e originale viene meno, scoperchiando la pluralità
delle voci che ci abitano.
Tecnicamente è nel suono trattato che si ascolta l'io plurale, quel
suono che, partito dal suono pilota, si manifesta in una pluralità di
situazioni sonore, tutte facente parte della presunta unicità del suono
da cui partono. Il virtuosismo (e)statico è un mezzo per provocare ed
esaltare l'essere nel suono plurale, una pluralità che concerne sia l'essere
sia il suono.
Il linguaggio viene spossessato dai caratteri forti della determinazione
dell'io, per ritrarsi in uno spazio neutrale, più collettivo e assieme
più naturale, più vasto e più libero. Più il linguaggio si avvicina all'ampiezza
e alla necessità della natura, alla sua armonia sensibile e fatale, e
più si allontana dalla rappresentazione ideale di un io presunto. Lo si
è ascoltato nel tono biblico e nella (e)staticità oratoriale del Prometeo,
dove tutto è plurale e lacerato, dove il frequente salto d'ottava ammicca
all'utopia della riconciliazione, fra esodo e avvento.
Silenzio in fiamme
Raccogliersi, quietamente, è un atto catartico, una condizione di ritiro,
ma anche di erranza, perché il silenzio viene attraversato, esperito.
La singolarità diventa pluralità nel rapporto complementare fra l'interiore
e l'esteriore, rapporto non esplicito, ma segreto e silente. E' dal silenzio
che emerge il suono e il suono è possibilità di contatto, di rapporto,
di comunicazione. Solo questo suono taciturno pullula di voci e di vita,
ed è carico di verità. E' un silenzio in fiamme.
Chi vive alle dipendenze dell'opera, come ha sperimentato Nono sulla
sua pelle e su i suoi nervi, appartiene alla solitudine. L'essere è solitario,
ma la solitudine dell'essere è abitata dai segreti compagni di viaggio
e, come l'essere, è una solitudine in divenire. Non c'è salvezza in questa
solitudine, l'eremita la vive come inferno dell'isolamento: "le lacerazioni
\…\ il senso della totalità ci sarebbe da chiedersi se siano davvero salvazione,
superamento della paura" - scrive Mario Messinis in una recensione a Guai
ai gelidi mostri - "o non piuttosto ritrovamento del regno delle madri,
dell'originario come inferno dell'inazione" (8).
Nono non crea in quanto il suo suono non cresce (in latino
"creare" ha la stessa radice di "crescere"), Nono ascolta, da' retta al
suono che è lì ab aeterno: inventa ossia trova. Il suono esiste,
propriamente si leva fuori, appare, prende esistenza, vita. Viene catturato
nel suo errare e incanalato verso il suo fato, verso il suo pronunciarsi.
E' suono vagabondo. E' suono ingenuum, nativo, naturale e, al contempo
pensato e strutturato.
Occorre un atto di osmosi con quello che circonda il musicista, il quale
deve diventare una cosa sola con i suoni. Questo è dir di sì alla vita.
Questo è anche il dir di sì di Nono, drammatico, ma positivo, diverso
da quello polemico dell'impegno politico. Il suono di Nono s'incammina,
cieco, com'era cieco l'antico poeta e l'oracolo, oltre le proprie radici,
alla ricerca della potente origine dove la sua piccola nascita era già
sopravvissuta, affondando nel sangue del tempo, ogni orrore conoscendo.
"Devo compiere un atto di osmosi con la natura" - diceva Caspar David
Friedrich - "divenire una cosa sola con le mie nuvole e le mie montagne,
per poter essere quello che sono." Potremmo dire di Nono: "devo diventare
una cosa sola con la mia Venezia, per poter essere quello che sono".
"Venezia è un multiverso acustico \…\
alla Giudecca giungono continuamente
suoni di campane varie \…\
sono segnali di vita, inviti al lavoro"
"i mistici hanno manifestato la necessità
di avere un contatto, diretto, con un dio,
con la natura, con un concetto \…\
pensiamo ai canti dei gondolieri, dove
il gondoliere parla con se stesso,
con l'acqua, col campanile"
(Luigi Nono)
Note
1) B. Maderna, in Musicisti d'oggi, colloquio con L. Pinzauti,
Eri, Rai, Roma 1978, pag. 209.
2) AA. VV., Nono, da "Un'autobiografia dell'autore raccontata a Enzo Restagno",
EDT, Torino 1987, pp. 8 e 58. Lo stesso Dallapiccola aveva avuto un rapporto
decisivo con Malipiero, iniziato nel 1932 con l'ascolto di Torneo notturno
e proseguito con un'attenzione particolare alla vocalità di Malipiero
contro lo strumentismo di Casella. Dallapiccola inizia l'attività musicologica
con l'edizione critica dei Quadri di Musorgskij, un Autore al quale era
arrivato seguendo il suo interesse per la musica corale (espresso già
nel 1932 con il brano per coro maschile a cappella Estate) e un Autore
molto caro a Nono, così come gli saranno cari gli artifici fiamminghi
di cui Dallapiccola era un vero maestro e che aveva iniziato a mettere
in opera dal 1934 con Divertimento in quattro esercizi. Le strutture polifoniche
e le loro articolazioni su piccoli segmenti, proprie di molti pezzi di
Dallapiccola, saranno un altro aspetto che riguarderà la scrittura noniana,
così come una certa grafia simbolica (come nei Cinque canti), e il ricorso
all'impegno sociale, a quella musica che Dallapiccola chiama "apertura
degli occhi": I canti di prigionia sono il primo esempio di musica impegnata
in Italia. Anche il ricorso non a un libretto tradizionale o a una storia
omogenea, ma all'utilizzazione di diverse fonti letterarie aperte a ventaglio,
tratte da zone geografico-culturali differenti, come ne Il Priginioero,
sarà un ulteriore aspetto proprio anche di Nono.
3) L. Nono, in bollettino "Ricordi oggi", anno IV n. 1, Milano 1990.
4) A. Di Scipio, Dopo Nono, in rivista "Suono sud", Ismez, Roma Settembre
1990.
5) AA. VV., Nono, op. cit., pag. 13.
6) AA. VV., Nono, op. cit., pp. 41 e 64.
7) Cfr. Incontro col compositore Luigi Nono, in rivista "Musica viva",
Milano Dicembre 1983.
8) M. Messinis, quotidiano "Il Gazzettino", Venezia 15 Marzo 19 85. L'astenersi
dalla musica crea l'ambiente indeterminato della fascinazione. Un ambiente
attraente e assoluto. Chi è affascinato, non vede propriamente ciò che
vede, ma ne è toccato in una vicinanza immediata, afferrato e conquistato.
Nella fascinazione del poter creare, Nono si lascia andare, si perde. |